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Giorni felici - 1981-82

autore: Samuel Beckett
traduzione: Carlo Fruttero
regia: Giorgio Strehler
scene: Ezio Frigerio
costumi: Luisa Spinatelli
musiche: Fiorenzo Carpi
    


Lettera a Giulia Lazzarini su Giorni felici del 1982

Strehler usava inviare ai suoi attori lettere e bigliettini: per precisare il dettaglio di una prova, per augurare “in bocca al lupo” prima di un debutto, per dire quello che era difficile dirsi di persona. Quella che segue č una lettera inviata da Strehler a Giulia Lazzarini prima del debutto di Giorni felici (1982)

 

 

Lettera di Strehler a Giulia Lazzarini  prima del debutto di Giorni felici (1982)

 

 

 

Giulia carissima!

 

La solita letterina o bigliettino delle prime. Quante, fra di noi. Ma questa è diversa. Questa segna - deve segnare per te - una cosa nuova. Stasera sei tu il centro del mondo (perché il teatro è la parabola del mondo) e nella tua solitudine di interprete, davanti al tuo pubblico - un pubblico che ti ama perché meriti di essere amata - sentirai, come mai hai sentito, la terribile, meravigliosa responsabilità dell’attore. Lo so, conosco l’angoscia di questo, di questa attesa, il peso così grave per chi crede nella serietà del teatro che hai sul cuore, il timore profondo, non di non essere brava, non di non essere applaudita, non di non “avere successo” (certo c’è anche questo!) ma il grande timore di “non essere all’altezza” della tua missione, di ciò che tu rappresenterai.

Non averlo o non averlo troppo, Giulia. La tua semplice grandezza di interprete è sempre pura, è sempre limpida e ha sempre il segno della verità, della poesia, della forza e della delicatezza allo stesso tempo. I due termini di cui ti raccontavo l’altra sera, quelli che tanto piacevano a Brecht, antitetici solo per i superficiali e i volgari. Io penso che questa sera, in mezzo a mille dubbi e incertezze del cuore e della mente, qualcosa di nuovo di te verrà alla luce. Per te stessa e per gli altri. Penso che stasera il mondo (quello riassunto dal teatro) scoprirà una nuova dimensione di te, più alta e più forte e più sicura. Non nascerai al teatro, questa sera, ma crescerai al teatro questa sera, sicuramente. E sarà una gioia per me - vederlo - che ci ripagherà di molti anni di lavoro e di queste settimane per te così dure, per me così tese. Sono stato un buon compagno per te, in questa avventura? Me lo domando. Mi domando se potevo fare di più e meglio o in altro modo. Certamente sì. Ma anch’io, Giulia, anch’io ho delle frane nel cuore e solo l’amore, grande, antico che ti porto, mi ha dato la forza di lavorare giorno per giorno. I tuoi problemi, li conosci: continuità, quel filo sotterraneo e palese con poco (occhi, un gesto, un ritmo) di angoscia che lega tutto. Chiarezza del tono, senza mai dimenticare la sottigliezza che è tua. Sicurezza, imposizione di sé, della tua situazione, nello spazio e nella gente. Sono sola, qui ficcata nell’universo e mi state a sentire. Ascoltate le mie ripetizioni nevrotiche, il mio affannarmi a parlare, parlare e parlare, e capite che nascondo il vuoto, che riempio il vuoto dell’universo che è anche il vostro.

La mia condizione è una “condizione umana” che vi appartiene. E ha anche del comico se non fosse così spaventosamente tragica! Parlo con voi, parlo con un essere presente e assente che torturo, ma di cui non posso fare a meno. Voglio morire ma resisto e non lo faccio. So tutto e faccio finta (talvolta bene, talvolta male) di non saperlo. Sono sconfitta, lo so, travolta, inutile, ma non accetto. Combatto la mia solitaria battaglia per esistere come posso e so, ricordando versi di poeti, ripetendo storie antiche, ridendo al vuoto, scoprendo formiche, parlando di cappelli e di altro. Voi dovete vedere in me, attraverso una lente, appena appena deformante, la vostra esistenza, la nostra tragedia meravigliosa dell’essere in vita in un mondo assurdo o incomprensibile, davanti a un universo che non sappiamo nemmeno se c’è. Forse le stelle sono proprio lampadine preparate da Vinicio!

E così via. Ma tutto deve essere legato, avere una unità dentro di te, una calma, una logica interiore semplice. Sii semplice dentro, non crearti più problemi di quelli che occorrono; lascia sempre scorrere la tua sensibilità istrionica, la tua verità intuitiva. Non sbaglia mai. Può solo sbagliare in sottotono. Guardati da questo piccolo agguato della sensibilità. Ma non fartene un’ossessione. E poi e poi tutto il resto, tutto quello che ci siamo detti in questi mesi. Ma sii soprattutto tranquilla di te. Stai facendo qualcosa di molto bello, molto alto e “molto nuovo”. Se ne accorgeranno? Credo di sì. Non so se del “nuovo”. Ma del resto sì. Dunque: un grande inevitabile successo. E per te, ti ho già detto, qualcosa di più.

Sentimi vicino al tuo cuore, sentimi alle tue spalle, sentimi il tuo migliore spettatore. Sono lì con te, non avere paura o non averne troppa. Quel tanto che occorre quando qualcuno ha fatto quello che tu hai fatto, quando qualcuno ha l’onestà e la purezza del cuore che tu hai, mia grande, piccola Giulia che va avanti nel tempo anche lei, e alla quale io voglio bene dal primo giorno.

Un abbraccio fraterno molto forte

il tuo Giorgio

 

 

5 maggio 1982

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